giovedì 29 settembre 2016

ESCLUSIVO: Intervista a Silvio Berlusconi per i suoi 80 anni!

Per il suo ottantesimo compleanno, Silvio Berlusconi ha deciso di rilasciarci un’intervista in esclusiva!

Silvio Berlusconi mentre sfoggia
la sua tipica e raffinata ironia british.
Il maggiordomo di Arcore mi accompagna verso lo studio del Cavaliere – come lo chiamano ancora qui –, lungo un corridoio le cui pareti sono tappezzate di opere d’arte a manifesto del buongusto del mio ospite: locandine giganti dei film di Tinto Brass, un piedistallo con un fallo ligneo e uno strano salvadanaio a forma di torre.
Entro nello studio. Berlusconi mi attende sorridente.
«Entri pure, prego! È un po’ in anticipo!», mi dice senza muovere un singolo muscolo facciale.
Guardo meglio: dietro di lui c’è un uomo – probabilmente un chirurgo estetico – che gli tira la faccia generando quel ghigno innaturale. Continua a parlare. Ho finalmente la prova che conferma ciò che tutti sospettavamo: Berlusconi è un ventriloquo. La domanda mi sorge spontanea:
«Ma ora chi è a muovere e dare la voce ad Alfano?».
La mia battuta lo fa ridere. O almeno mi piace illudermi che sia così.
«Prima di iniziare l’intervista, avrei una curiosità…».
«Guardi, la nuova azienda che ho avviato è perfettamente in regola, non c’è neanche un minimo dubbio di evasione fiscale, e non le dirò nient’altro senza il mio avvocato!».
«In realtà, volevo chiederle di quello strano salvadanaio a forma di torre».
«Ah, quello!», sospira. «Non è un salvadanaio. È il vibratore che usava la mia ex moglie, Veronica Lario, nel periodo poco prima del divorzio!».
«Ma perché ha una fessura per inserire monete?».
«Eh, eh... Veronica riesce ad eccitarsi solo con cose piene di soldi».
Mi rendo conto che è il momento di iniziare l’intervista.

Come nasce la sua passione per la politica?
Ho sempre ritenuto la politica fondamentale nella vita di ogni individuo. La partecipazione democratica alla vita del proprio Paese, l’idea che ogni singolo cittadino possa avere voce in capitolo nella gestione del proprio Stato… Così decisi di iscrivermi alla P2. No, aspetti… Qual era la domanda?

Passiamo oltre. Lei si è più volte definito un salvatore della patria, dicendo di aver salvato la democrazia italiana e le istituzioni liberali. Ovviamente erano dichiarazioni enfaticamente propagandistiche.
Assolutamente no. I libri di storia mi ricorderanno per aver salvato la democrazia italiana dal golpe comunista messo in atto dal democristiano Romano Prodi.

Appunto... Secondo alcune voci, a lei, in fondo in fondo, Matteo Renzi non dispiace.
Quell’uomo è un incubo per me. Ha presente “Il ritratto di Dorian Gray”? Lui è un mio ritratto al contrario: mi succhia idee e energie, mentre io divento sempre più vecchio.

Sì, però alla fine del romanzo di Wilde…
Non mi spoileri il finale: sono appena arrivato a metà.

Lei ha avuto spesso a che fare con la giustizia.
Lungo la strada della mia vita, ho spesso incrociato la legge. Ma poi svoltavo sempre nella direzione opposta. Le baby-squillo erano sempre sull’altro marciapiede.

Quali sono i progetti che ha in mente per il suo futuro?
Lei mi chiede del futuro… Mi guardi: sono un ottantenne, con i capelli sintetici, la faccia tirata, un cuore non del tutto mio… Cosa posso fare in queste condizioni? Solo un'escort a notte... e nient’altro.

A proposito della sua operazione al cuore [gli è stata impiantata la valvola aortica di un maiale, NdR]: dopo l’intervento si è sentito cambiato? Nella sua personalità, nella sua sensibilità…
Sì, ora mi sento sempre in colpa dopo aver toccato il culo ad una ragazza. Poi, però, grugnisco come facevo prima e mi passa tutto.

Qual è il suo rapporto con la religione?
Be’, il fatto che milioni di persone, da due millenni, siano disposti a pregare, a morire e addirittura a cambiare schieramento per me mi ha sempre riempito di gioia.


Come imprenditore e politico di successo, quale ritiene siano stati i principali ostacoli alla sua affermazione?

L'Italia ha per anni incarnato un modello politico-economico pseudo-comunista, nel quale l'imprenditoria era osteggiata da regolamentazioni assurde: tutele ai lavoratori, l'obbligo di dover pagare le tasse e altre assurdità simili. Anche e soprattutto per questo scesi in campo: nessun imprenditore avrebbe più dovuto soffrire per i capricci dei propri lavoratori, come ferie, maternità e malattie. Nessun imprenditore avrebbe più dovuto soffrire in quello che era un vero e proprio inferno fiscale. Io preferisco il paradiso. Avevo tracciato questa linea. Linea che ora è stata riconosciuta vincente anche dai miei storici oppositori, dato che Matteo Renzi sta praticamente attuando... No, aspetti... Questo non posso dirlo.

Ma prima di entrare in politica e avviare la sua "rivoluzione liberale", come ha fatto ad arginare questi ostacoli ed essere un imprenditore di successo?

Ho affrontato e superato queste sciagure anche grazie al sostegno di grandissimi amici che non potrò mai ringraziare abbastanza. O meglio, che non ho fatto in tempo a ringraziare: uno dei miei più grandi rimpianti è non esser riuscito a depenalizzare l'associazione a delinquere.

Nell’augurarle un felice compleanno e nel ringraziarla per aver deciso di rilasciarci questa intervista in esclusiva, le chiedo un suggerimento per tutti i giovani che aspirano ad una vita di successo come la sua.

La questione è complicata, oggigiorno. Ai ragazzi dico di impegnarsi, di andare controcorrente e, se convinti di un’idea di proseguire con testardaggine, circondandosi di persone motivate almeno quanto loro, e di osare, osare, osare. Alle ragazze dico che, purtroppo, per loro la situazione è ben più dura, dato che continueranno ancora per molto tempo ad essere vittime di discriminazioni e di pregiudizi, e che, per superarli, dovranno usare tutta la loro forza, senza mai arrendersi, ben più dei loro coetanei maschi perché purtroppo la società è ancora profondamente maschilista. Alle belle ragazze dico, invece, che per loro le cose sono molto più semplici: il mio numero è sempre 3**-***-****.

lunedì 9 maggio 2016

ESCLUSIVO: Estratto da "Secondo Matteo", il libro di Matteo Salvini

In esclusiva per Pit’s pit – Lafossa di Pit, un brano estratto da “Secondo Matteo”, il libro di Matteo Salvini, uscito in questi giorni nelle librerie:

Perché ho deciso di fare il politico? Per poter dedicare la mia vita a combattere le ingiustizie. Odio profondamente l’ingiustizia. E ricordo ancora il momento esatto in cui questo sentimento si è reso esplicito in me. Ero giovane. Nella mia bella Padania, seduto su una poltrona – come avrei fatto per il resto della mia vita –, con il fuoco ai piedi e la neve fuori dalle vetrate, guardavo un documentario sulle popolazioni africane. Io, ben vestito e in una bella casa, e loro, senza un tetto e completamente nudi. Ed è lì che ho conosciuto l’ingiustizia del mondo: avevano il pene troppo più grosso. Così decisi che la mia missione sarebbe stata la redistribuzione della giustizia sociale. È chiaro che non avrei potuto intervenire sull’organo in questione: troppo truce, troppo nazionalsocialista. Non mi voterebbero. Allora capii che per riequilibrare il mondo avrei dovuto trovare un’altra strada. Conobbi la Lega, che parlava di superiorità della nostra etnia. Così ebbi l’illuminazione: trasformarli in nemici. Del resto, ora va di moda il vintage: c’è chi ascolta Cab Calloway e chi trasforma etnie straniere in nemici. Tutta roba anni trenta. Il pene, comunque, non è mai stato un problema per me: ho avuto molte donne che hanno riconosciuto i miei meriti. Ricorderete, ad esempio, che la Isoardi dichiarò “Sto con Salvini perché degli uomini mi piace il cervello”. E un’altra volta, in privato, mi disse “Ce l’hai tanto grosso quanto sei intelligente”. All’epoca lo presi come un complimento. Poi però, quando se ne andò, mi disse “Ti lascio perché sei un completo imbecille”.
So che sulla questione del pene potrei essere frainteso. Qualcuno potrebbe scambiarla per invidia. Ma si tratta solo di giustizia: ad esempio, non ho quasi nulla contro i mulatti perché, essendo un incrocio, ce l’hanno di poco più grande dei bianchi. E non ho assolutamente nulla contro i cinesi, anzi! Vorrei che ne venissero sempre di più in Italia. E che qualcuno di loro, magari, si decidesse ad acquistare il Milan, che Berlusconi sta portando allo sfascio. Come sta portando allo sfascio il centro-destra, che, invece, prenderò in mano io. Ho qualcosa in comune con i cinesi. Qualcos’altro, almeno. Sì, nei miei sogni i cinesi strappano il Milan a Berlusconi e io gli strappo la leadership del centro-destra. Nei miei sogni vedo Berlusconi perdere tutto. Perché odio tanto Berlusconi? Non lo so con precisione. Ma so che questo sentimento nei suoi confronti è nato quella volta che urinammo insieme.
Ho qualcos’altro ancora in comune con i cinesi: qualche tempo fa mi sono definito “comunista vecchio stampo”. Mi riferivo alla mia lotta per la giustizia sociale, strettamente connessa ad una difesa e un primato della nazione. Del comunismo, infatti, rifiuto l’internazionalismo, la fine dei confini statali. Probabilmente, sono più propriamente un socialista nazionale, sperando che nessuno si ricordi la contrazione storica di questi due termini. È vero che inizialmente ero per l’indipendenza della Padania. Ma all’epoca ero giovane e non puntavo alla leadership e al governo. E l’ambizione politica ti porta all’opportunismo. Noi leghisti, del resto, conosciamo l’arte dell’adattarsi: anti-casta, poi casta; denunciatori di ruberie, poi noi stessi approfittatori. Da questo punto di vista, noi leghisti siamo dei veri socialisti. Craxiani, ma pur sempre socialisti.

domenica 21 febbraio 2016

Recensione Semi-Seria: Elio e le Storie Tese - Figgatta de Blanc

Ecco un nuovissimo, nonché primissimo, appuntamento con le Recensioni Semi-Serie (più semi che serie). Il 12 febbraio è uscito il nuovo disco degli Elio e le Storie Tese. “Figgatta de Blanc” (titolo parodia di “Reggatta de Blanc” dei Police) presenta una copertina gialla con uno “scarabocchio” blu. Come tutti sapete, un libro non si giudica mai dalla copertina. Ma, dato che questo è un disco, è proprio da lì che inizia la mia analisi. 
Molti, sbrigandosi molto sbrigativamente, hanno licenziato la questione, tratti in inganno anche dal titolo “Figgatta”, dicendo che la copertina rappresenta l’organo sessuale femminile. Altri, ci hanno visto citazioni di altri dischi (“90125” degli Yes e “Three of a Perfect Pair” dei King Crimson). Troppo semplice. La verità è un’altra ed è molto più oscura, inquietante e… politica! Come tutti sapete, gli Elii sono stati, prima di vendersi al potere dominante, dei giovani comunisti, capelloni e drogati. Un simbolo caro ai rivoluzionari dell’epoca era il simbolo della Pace di Gerald Holtom. Un simbolo che rappresentava valori di libertà, pace, uguaglianza e libertà. Non è una ripetizione: la seconda libertà sta per libertà sessuale. Da cantautori impegnati, quali sono da sempre, in questo album si fanno carico, come Gaber in “La mia generazione ha perso”, del fallimento e della perdita degli ideali, rinnegati e rovesciati nell’essersi venduti al Dio-Denaro e nell’esser diventati monogami (vedi seconda libertà). Rovesciati, per l’appunto: come il simbolo rappresentato sulla copertina che non è altro che il suddetto simbolo della pace a testa in giù, disegnato con mano tremante, preda di rabbia, delusione, disillusione, noia, abbandono, nulla (nella loro vita sono stati, per i motivi suddetti, sia ricchi che poveri) e lacrime (alcune sbavature del simbolo non sono dovute solo al tremore delle mani, ma ai litri di lacrime (13, per l’esattezza) versati). La rabbia, poi, deve aver preso il sopravvento, tanto da spingere il disegnatore a cancellarlo, scarabocchiandoci su. Fermatisi in tempo e tentati in un primo momento di ridisegnare la copertina da zero, hanno poi deciso di mantenerla per lanciare questo messaggio subliminale (entrando a pieno titolo nel campo dell’heavy metal e dell’animazione per bambini) e perché non avevano tempo, voglia e ulteriore denaro da spendere in una nuova copertina: “Vuoi che il disco esca per Sanremo? E noi te lo facciamo con anche una copertina figa (eh, battutone!). Quindi, c’hai anche una copertina figa, cosa rompi le balle?”.
Ma, probabilmente, queste sono tutte corbellerie, e la copertina rappresenta semplicemente l’organo sessuale femminile.
Dopo aver esposto alcune ipotesi sull’origine della copertina è il momento – e spero che i più sensibili mi perdonino – di parlare della musica. Il disco presenta quindici tracce. Ho provato a pulirlo ma continua a presentarne quindici. Così ho capito che le tracce altro non sono che graffi. La prima traccia è un’intro che cita l’intro del primo disco che presentava ventidue tracce. Quindi la qualità fisica è migliorata. Le altre quattordici sono canzoni:

Vacanza alternativa: brano molto funky, ma anche un po’ pop, ma anche un po’ demenziale, ma anche un po’ jazz con tanto di assolo di sax e intervento dell’amica trans (alias Vittorio Cosma) della nonna di Tato (“chi è Tato?”? Lo scoprirete ascoltando il disco. O forse no.) e di Paola Folli, entrambi tipici elementi jazz fin dai tempi di “Minnie The Moocher” di Cab Calloway. Voto: 9.

She Wants: Sergio Antibiotice, noto negli ambienti pornografici come Rocco Tanica, ci spiega, in un inglese degno di Laurel & Hardy ma nella versione doppiata da Sordi e Zambuto e senza accento, che la donna davvero innamorata è retroattiva. Voce vocoderificata (come in “Shpalman”, per intenderci) come non si sentiva da tempo. La parte finale della canzone è in italiano ma, considerata la difficoltà del britannicissimo Antibiotice nel parlare la nostra lingua, è stata affidata a Paola Folli. Voto: 8.


Parla come mangi: brano pop-rock che, in un periodo in cui le discussioni ruotano principalmente intorno a tante cose, discute su un tema linguistico molto attuale: avete presente la mania di usare termini britannici inglesi (“britannici” l’ho usato già nella riga  di sopra)? Per gli Elii, invece, l’errore è quello opposto: utilizzare termini italici. Dunque, secondo una mia personalissima, e dunque assolutamente corretta, chiave di lettura, gli Elii vogliono dirci che dobbiamo parlare inglese perché ormai mangiamo roba inglese. O americana. Ma, siccome alla fine la differenza tra un pudding (britannico) e un cheeseburger (americano) si nota solo dal loro accento e loro sono un po’ restii a parlare, il termine “inglese” è considerato corretto per entrambi. Voto: 8,5.

Il mistero dei bulli: il bullismo è un problema della nostra società? Falso: è sempre esistito, come il lavoro più vecchio del mondo, il quale è nato proprio per i bulli che, ovviamente, nessuna donna fila, e colei che li fila merita di essere definita praticante del lavoro più vecchio del mondo. Gli Elii dicono che questo brano è il tanto atteso “Ragazzo della via Gluteo”. Forse l’hanno detto perché è vero. O forse perché così i fan non rompono più con questa storia. Voto: 8,5.

China Disco Bar: integrazione sì, però non ve ne approfittate che c’è gente che deve riposare ché tra poche ore si sveglia. Bel brano dance con annessi amore e prole sino-lumbard. Voto: 8,5.


Il quinto ripensamento: brano dance sanremese scritto da Murphy, Belisari, Civaschi, Conforti, Fasani, Beethoven. E questo può già bastare. Voto: 8.


Bomba intelligente: avete presente cos’è un capolavoro? No? Ascoltate “Bombra intelligente”, pezzo poetico e ironico al tempo stesso scritto da Francesco Di Giacomo, cantante del Banco Del Mutuo Soccorso scomparso nel 2014. Cantato da lui (aveva registrato la voce prima di morire, quindi non scatenate un altro “caso Pelvicaro” e/o non accusate gli Elii di fare sedute spiritiche), ri-arrangiato e suonato da Dio (che hanno dimenticato di ringraziare nel libretto) dagli Elii. Straordinario il doppio assolo finale: chitarra elettrica suonata da Cesareo nel canale audio sinistro e violino distorto suonato da Mauro Pagani nel canale audio destro. Anche di Pagani si sono dimenticati nel libretto. Ah, già: Dio è lui. Voto: 10.

Inquisizione: se hai paura di bruciare non puoi sviluppare un libero pensiero. Ecco perché il sole e l’altre stelle stanno lì, mosse dal pensiero (di pensiero) di qualcun altro. Ah, attenti a Faso col baso. Voto: 9.

Ritmo sbilenco: altro capolavoro, futuro manifesto del neo-progressive, nonché dell’anti-regressive e del neo-anti-regressive. Gli Elii fanno Musica con la “M” Maiuscola maiuscola! Indovinate chi c’è alla voce femminile? Esatto: Aretha Franklin. Ma quella bianca. Voto: 10.

Il rock della tangenziale: brano rock più rap nato, e lo sottoscrivo, per essere estratto come singolo e circolare in radio e nelle zone a traffico limitato. Il “più rap” si riferisce alla pur breve partecipazione di Zio Ax. Per voi plebei, J-Ax. La canzone più breve del disco (2:15 circa). Voto: 8.

Cameroon: ci sono musicisti che sanno suonare di tutto, i cori russi, la musica finto-rock, la new wave italiana, il free-jazz-punk inglese, anche la nera africana. Perché non suonare quest’ultima? E perché non far cantare di nuovo Paola Folli? Voto: 9.

I delfini nuotano: di questa canzone (forse) antirazzista non vi dico nulla perché è talmente assurda e talmente bella (ma forse non al primo ascolto) che dovete gustarvela da soli. Voto: 8,5.


Il primo giorno di scuola: la conoscete tutti perché è uscita a settembre con i disegni di Sio. Ma qui è stata arricchita (e migliorata) con altri suoni (trombe). Voto: 8.


Vincere l’odio: dodicesimo posto a Sanremo. Lo so, è brutto da dire. Ma pensa che lo ha deciso lo stesso popolo che per venti anni ha votato Berlusconi… che ti aspettavi? Voto: 9.

In questo disco gli Elii hanno ripreso a lavorare collettivamente, Elio ha ripreso a suonare il flauto traverso, hanno dissequestrato la chitarra a Cesareo, hanno liberato Paola Folli e hanno ridato il giusto spazio agli intermezzi comici (con un Vittorio Cosma brillante)… Cosa si può volere di più? Magari una ghost-track nata dalla fusione delle due canzoni sanremesi? C’è anche quella.


VOTO: 9.

PS: Il disco è uscito anche in un'edizione molto speciale, allegata ad un vibratore che riproduce file audio mentre... vibra. Idea di Sergio Antibiotice, sicuramente. E l'ideale sarebbe utilizzarlo riproducendo "She Wants".

giovedì 4 febbraio 2016

Frango Unjained (parodia dei film di Quentin Tarantino)

Nel gennaio del 2014, quando avevo un'altro blog (ma non è il caso di parlarne, né qui, né ora, né mai), disegnai questa storiellina: Frango Ujained, una parodia di Django Unchained (di Quentin Tarantino). In realtà essa ironizza sui cliché dei film di Tarantino, dato che non avevo ancora visto il film (l'ho visto con molto ritardo...). In realtà, nella mia mente, Frango doveva essere un personaggio "indipendente" parodia dei western e dei film di Tarantino in generale (notate, infatti, che c'è scritto "episodio 1", perché pensavo di realizzarne altri). Tarantino mi è venuto incontro: il suo nuovo film, The Hateful Eight, è, ancora una volta, un film di Tarantino ed è, ancora una volta, un western e, ancora una volta, uno dei protagonisti è nero (o "negro" come direbbe Quentin). Quindi potrebbero nascere dei nuovi episodi. Come fare per restare aggiornati? Ma ovviamente mettendo "mi piace" QUI. Ho parlato di un vecchio blog; qualcuno si starà chiedendo perché l'abbia chiuso e cosa sia questo e, forse, per trovare una risposta, cercherà un articolo di presentazione di questo blog inutilmente. Esso verrà pubblicato prossimamente. Come sapere quando uscirà? Ma ovviamente mettendo "mi piace" QUI. Qualcuno si starà chiedendo cos'altro venga pubblicato sulla pagina: ma ovviamente battute, scritti e vignette satirici e umoristici. Avete ancora dubbi? Non vi è chiaro? Volete avere la certezza sui contenuti che troverete? Come fare ad avere questa certezza? Ma ovviamente mettendo "mi piace" QUI. La pagina la trovate anche sulla colonna di destra, comunque.
Ah, quasi dimenticavo: THE HATEFUL HATE, l'ottavo film di Quentin Tarantino, è nelle sale italiane dal 4 febbraio 2016.

(SE NON VISUALIZZATE BENE LA VIGNETTA BASTA CLICCARCI SU PER VEDERLA A DIMENSIONI MAGGIORI)



giovedì 7 gennaio 2016

Je suis Charlie, encore et toujours: un anno dopo

È uscito nelle edicole francesi il nuovo numero della rivista satirica Charlie Hebdo. Si tratta di un numero speciale, ad un anno dall’attentato jihadista alla redazione avvenuto il 7 gennaio 2015. Quell’attentato che sollevò un’onda (anomala) di “Je suis Charlie”, sbandierato anche da persone che la libertà di espressione la conoscevano solo come “valore fondante della nostra civiltà”. Un mantra, una preghiera laica. Una filastrocca che viene ripetuta a memoria da “attori consumati che dicono la battuta – di cui non conoscono il senso – e ascoltano l’effetto”. Ma la farsa è destinata, prima o poi, a finire, fosse anche composta da tre atti. Oggi, con l’uscita della nuova copertina – e con i morti dell’attentato ormai freddi e in decomposizione, proprio come il desiderio di libertà dei benpensanti – la farsa è nuovamente finita.
Su uno sfondo nero in contrasto con scritte e disegni in bianco, la copertina rappresenta un dio in fuga, armato di kalashnikov e macchiato di sangue, colorato in rosso, unico elemento che rompe la bicromia (insieme alla scritta “numero special”). In alto compare la scritta “Un anno dopo, l’assassino è ancora in libertà”.
Apriti cielo! “Charlie Hebdo generalizza! Attacca tutte le religioni e tutti i religiosi, anche i non violenti!”. O, la più geniale, “Sono dei provocatori!” (bella scoperta). Ma allora se la vanno a cercare questi sciacalli imbratta-carte! Già. Ma qual è il vero significato della vignetta? O meglio, quali sono i significati? Le chiavi di lettura cui si presta sono molteplici (come ogni opera artistica degna di questo nome). Spiegare una battuta, un’opera, una poesia vuol sempre dire ucciderla un po’. Ma quando le stesse rischiano di essere accusate proprio di ciò che combattono, vale la pena farlo.
Significato politico:
Il primo significato, quello che risulta/dovrebbe risultare immediato, è che, dato che i terroristi hanno dichiarato di essere i portavoce dell’Islam e alcuni esponenti di altre religioni e parte della politica – è inutile dire quale – hanno, a loro volta, accusato l’intero mondo islamico, il colpevole, seguendo questo ragionamento, dovrebbe essere Dio. Colpo di scena: Charlie Hebdo sta accusando la religione per scagionarla!

Significato ateo:
Il secondo significato è, in realtà, un approfondimento del primo: Charlie Hebdo è una rivista di autori laici e/o atei. Incolpare Dio è, ancora una volta, un modo per schernire chi tenta di nascondere le proprie colpe e deviazioni con la fede. Per Charlie Hebdo, Dio è un personaggio di fantasia, al pari di Babbo Natale o Topolino. Che senso avrebbe incolpare un essere immaginario? Ricordo un episodio di “Family Guy” (serie nota in Italia con il nome “I Griffin”) in cui comparivano Topolino e i suoi amici che picchiano un ebreo. Che diavolo vorrà dire? Era un riferimento al noto antisemitismo di Walt Disney, “papà” di Topolino. Anche nel caso della copertina di Charlie Hebdo ci troviamo di fronte ad un caso simile. Anzi superiore, perché Riss, autore della vignetta, ha applicato un vero e proprio rovesciamento feuerbachiano: Dio è stato creato dall’uomo. Ecco qual è il colpevole ancora in libertà: l’uomo che si annulla nella religione.

Significato sociale:
Il terzo significato deriva dai primi due: Dio e la religione sono i colpevoli. “Ma come? Non avevi detto che era un’interpretazione sbagliata e che, anzi, la vignetta vuole scagionare la religione?”. Sì. La vignetta scagiona la religiosità positiva, la fede genuina e ingenua, ma non la religione in sé. Riss mette in guardia rispetto ai rischi cui l’alienazione religiosa porta: considerarsi custodi di una verità assoluta, convincersi di essere in qualche modo “ispirati” dall’unico Dio porta, prima o poi, all’estremizzarsi (non in tutti) o ad una più o meno leggera insofferenza verso l’altro (questo quasi in tutti) nel momento dell’incontro (o scontro, nel peggiore dei casi) con altri monoteismi, altre verità assolute. Se la verità è assoluta, se il bene in cui credo è assoluto, gli altri sono in errore e io devo riportarli sulla “retta via” o eliminarli, perché la presenza di un’altra “verità assoluta” nega l’assolutezza di entrambe. La violenza non arriva sempre e non sempre necessariamente. L’atteggiamento di superiorità, invece, sì: se voi credete di possedere la verità assoluta è chiaro che considerate gli altri in errore. Non li uccidete, non glielo fate capire, ma dentro di voi lo pensate. Oppure la vostra non è vera fede, la quale non può essere relativa. La vignetta mette in mostra, dunque, l’errore che sta nell’annichilirsi e nell’alienarsi in una realtà superiore, in un entità superiore che non incontrerete mai. Perché o non esiste o vi manderebbe all’Inferno. Tra i superbi.

“Je suis Charlie” non è un motto. Non è un “Je défends Charlie” o “Io sono Charlie… qualche volta”. “Io sono Charlie” è un modo di essere. Sempre e in ogni occasione. Per questo, oggi, più che un anno fa, va ribadito “Je suis encore Charlie”. Je suis Charlie, encore et toujours.